Volontà in atto 1

In “Cera una volta in America” c’è un episodio in cui uno dei ragazzini del branco è seduto sulle scale in legno di un edificio con in mano un dolce stracolmo di panna e sormontato dalla classica ciliegina pronto a barattarlo con una prestazione finalmente completa… L’attesa si protrae un po, quanto basta per dirottare l’attenzione sul dolce. Un timido assaggino, poi un altro e infine la resa e la fuga. Un esempio lampante di come una volontà può vincerne un’altra ma anche della molteplicità di volontà, talvolta contrastanti, conseguenti ai diversi io che dominano la scena in un certo momento della nostra esistenza.
Questa non è la Volontà dell’Io di cui ci parla Roberto Assagioli in “L’atto di volontà”, si tratta invece di una volontà che ci domina al servizio dei vari piccoli io che popolano la nostra frammentaria personalità. Una personalità integrata, così come una volontà unificata che gli corrisponde, è una conquista, un punto d’arrivo di un lungo percorso.
Per intraprendere questo percorso che porta all’integrazione occorre prima superare due difficoltà – scrive Assagioli – la concezione vittoriana della volontà e la tendenza generale all’inerzia, alla pigrizia. L’una e l’altra possono ben alternarsi nell’esperienza esistenziale soggettiva in quanto la prima è destinata inevitabilmente ad infrangersi contro gli scogli dell’altrui indifferenza mentre la seconda si arena flaccida nell’impotenza che ne consegue.
Riconosciuti questi due poli altalenanti in cui la nostra energia vitale si sperpera possiamo giungere – e spesso il percorso richiede anni o decenni come nel mio caso – a riconoscere finalmente con convinzione e certezza che l’allenamento della volontà richiede sforzo intelligente e costanza nel tempo come è richiesto per qualsiasi altra disciplina sia fisica che mentale.(p.16)
Tuttavia prima di iniziare questo allenamento è fondamentale cogliere “lo stretto, intimo legame tra volontà e l’io”. Anche perché difficilmente ci si potrebbe orientare su come e dove iniziare questo allenamento. Per chiarire questo nesso Assagioli introduce il concetto di autocoscienza. L’autocoscienza è ciò che distingue gli uomini dagli animali, i quali “sono coscienti ma non autocoscienti”. Gli uomini sanno di percepire anche se sono scarsamente consapevoli di ciò e, sopratutto, questa percezione è tutt’altro che genuina e originaria essendo generalmente “vissuta in maniera distorta e nebulosa perché di solito viene confusa con i contenuti della coscienza (sensazioni, impulsi, emozioni, pensieri) e ne è offuscata. Questo continuo impatto vela la limpidezza della coscienza e produce una falsa identificazione dell’io con questi contenuti transitori e mutevoli.”(p.17) In altre parole la nostra percezione è condizionata da innumerevoli fattori dei quali occorre divenire consapevoli disidentificandosi per approdare alla pura e semplice realtà di “quello che è”.
Continua…
Lavis (TN), 13/04/20
Fernando Potì