Conoscenza

Osservazione e prima conoscenza delle subpersonalità
Il primo passo del conoscersi è prestare attenzione ai propri movimenti interiori adottando quello che viene chiamato in psicosintesi l’atteggiamento dell’osservatore. L’osservazione di se stessi, in particolare in quelle situazioni che ci creano problemi e disagi, deve prescindere da un atteggiamento giudicante il quale inficerebbe ogni possibilità di progresso. L’osservatore deve dunque essere neutrale e deve mantenersi il più possibilmente estraneo a ciò che osserva. Ovviamente all’inizio sembra quasi impossibile acquisire questa distanza interiore dai fatti quotidiani che inevitabilmente, in mille modi, ci coinvolgono emozionalmente. Ci vuole un lungo percorso di continuo allenamento per potenziare gradualmente la forza dell’osservatore che cresce man mano che si approfondisce la conoscenza dei propri comportamenti nelle diverse circostante della vita.
Il lavoro sulle subpersonalità è alla base del percorso psicosintetico.
Come possiamo lavorare con le subpersonalità?
Con l’osservazione! Prestando attenzione a noi stessi, in particolare al nostro mondo interiore. In un mondo che costantemente e tenacemente ci invita all’estroversione possiamo gradualmente e pazientemente riequilibrare la situazione indirizzandoci all’introversione, incominciando ad auto-osservarci; in altre parole assumiamo l’atteggiamento dell’osservatore. Questo significa semplicemente osservare il nostro stesso comportamento e le emozioni ad esso associate ma anche le nostre sensazioni, le immagini, i desideri, i pensieri, le intuizioni ad esso associate, a partire da ciò che in qualche modo è problematico, ci fa soffrire, ci isola dal mondo o dagli amici, ci crea contrasti nelle relazioni d’amore e quant’altro ci impedisce di vivere serenamente e creativamente.

Disegno di una sub: Achille con gli scudi

Dobbiamo però evitare di emettere giudizi su ciò che stiamo osservando siano essi benevoli o no perché “quando giudichiamo siamo in genere ‘identificati’ con qualche ideologia, morale, ecc., in ultima analisi con qualche subpersonalità” (De Paolis).
La tecnica più semplice e spontanea per conoscersi meglio è tenere un diario. Daniele De Paolis in L’io e le sue maschere, Edizioni Istituto di Psicosintesi, scrive: “Tenendo un diario è possibile vedere con distacco le parti, i personaggi messi in scena nel corso della giornata. Vedere come si recitino alcune parti nei rapporti sociali, generalmente sempre le stesse: alcune più importanti, altre secondarie. Come alcune parti siano richieste in maniera coercitiva da talune persone o da talune circostanze, altre invece rientrano nel nostro repertorio preferito. E tante altre cose. Ancora una volta il fatto di descriverle e quindi di obiettivarle ci distanzia da quelle parti, da quei personaggi.” (p.70)
Un’altra tecnica per fare la conoscenza dei nostri personaggi interiori, complessi, meccanismi di difesa e quant’altro, è quella del disegno libero i cui risultati ho sempre trovato sorprendenti e che mi hanno veramente convinto che il dialogo con l’inconscio è possibile oltre che auspicabile. Dopo aver predisposto matite colorate o pennarelli o ciò di cui si dispone per disegnare o dipingere; dopo aver predisposto un bel foglio grande quanto quello di cui si dispone magari non più piccolo di un formato A4, si fa un po’ di rilassamento profondo o più semplicemente ci si rilassa con una tecnica tipo training autogeno o come ho descritto in altro articolo. Dopo di che ci si mette a disegnare lasciandosi andare. La nostra sarà una vera opera d’arte perché ci parlerà di noi stessi come non ci eravamo mai visti prima, ma se abbiamo delle pretese artistiche o prestazionali impediamo il dialogo con il nostro inconscio e non se ne fa niente… Attenzione all’inizio conviene cimentarsi con problematiche un po ostiche ma non troppo, come suggeriva Roberto Assagioli, perché i piccoli successi ci daranno forza e coraggio per sfide sempre più impegnative.
Se le precauzioni sono rispettate il risultato ci parlerà chiaramente. Anche nell’interpretazione occorre lasciar parlare l’inconscio, con cautela ma senza troppe reticenze.
Provare per credere!
In ogni caso in questo blog c’è già un articolo descrittivo di una esperienza del genere per chi volesse documentarsi…
Fernando Potì (13 giugno 2018)
immagine di una subpersonalità

Per approfondire l’analisi delle subpersonalità in modo sistematico si possono sviluppare i seguenti punti:
1. comportamento;
2. quando si attiva, quando è che mi identifico;
3. che cosa questa sub mi fa provare a livello fisico, a livello emotivo, a livello mentale e i desideri e le immagini che si porta appresso;
4. qual’è il suo scopo;
5. quali parole usa, che discorsi mi fa;
6. quali effetti ha prodotto nella mia vita;
7. a che cosa mi è stata funzionale;
8. che capacità mi ha permesso di sviluppare;
9. con chi si allea;
10. con chi è in conflitto;
11. a cosa mi fa rinunciare;
12. quale è il suo stile manipolativo;
13. che vantaggio mi da;
14. quale è il suo bisogno di fondo;
15. quali sono le sue qualità potenziali;
16. quale è il suo imprinting, la sua origine, il modello che ripropone;
17. quale è il suo opposto;
18. cosa provo per questa subpersonalità.

Riferimenti bibliografici
Daniele De Paolis ha ben descritto tutte le tecniche adottate dalla psicosintesi in questo lavoro che richiede pazienza e tenacia, nel libretto L’Io e le sue maschere Edizioni Istituto di Psicosintesi ordinabile presso lo stesso Istituto per pochi euro.