Schizoid Man 7

‘Schizofrenia e misticismo’

Il titolo è quello del diciassettesimo capitolo di ‘Il progetto Atman – Una visione transpersonale dello sviluppo umano’ di Ken Wilber del quale ho tentato una sintetica schedatura. Niente di più e spero non molto di meno, anche se inevitabile, non solo per la mia schematicità ma anche, e sopratutto, perché il capitolo è collocato in una visione sistemica – un progetto globale, una ’visione dello sviluppo umano’ – che richiede la lettura dell’intero testo per comprendere appieno il significato delle parti. Mai come in questo caso è azzeccato il detto, ormai popolare, che il tutto è più della somma delle parti.
Basandosi sulle descrizioni fenomenologiche disponibili dell’esperienza schizofrenica Wilber rileva la costanza dei seguenti fattori:
1. Grande stress o dilemma assillante spesso supportati da un ego personale piuttosto debole.
2. “Il venire meno delle funzioni di filtraggio della traduzione egoica […] espone l’individuo a livelli di coscienza sia inferiori che superiori”.(p.243) Mentre il sé regredisce a livelli di coscienza inferiori viene nello stesso tempo, invaso dai ‘regni superiori’, sopratutto dal ‘regno sottile’.
3. Questa invasione prende spesso la forma di “intuizioni molto intense, spesso di natura religiosa (autentiche visioni spirituali, non solo fantasie regressive)”. Anche se, molto spesso, a causa dell’immaturità dell’ego “queste profonde intuizioni tendono ad essere molto autistiche, orientate al sé, segrete: nessuno, a parte il diretto interessato, le capisce.”(p.244) In altre parole, è possibile che vi sia una intuizione autentica della propria natura transpersonale (divina) ma percepita ad un livello primitivo e narcisistico.
4. Ne consegue una importante distinzione tra due principali forme di allucinazioni schizofreniche: quelle inferiori, in genere malevole, in qualche modo legate all’esperienza personale, prevalentemente verbali (le voci); quelle di ordine superiore in genere visive che “nascono cioè da livelli puramente sottili, transpersonali e archetipici, e da questo punto di vista sono reali.”(p.246)
5. Come risulta sin qui evidente la regressione è uno dei fattori fondanti nella fenomenologia della schizofrenia tutto sta a vedere quale struttura psichica precedente fa da sponda al ‘vuoto’ in cui il paziente potrebbe precipitare: “un individuo schizofrenico potrebbe regredire anche a strutture uroboriche e pre-personali, confondendo completamente il sé con l’altro da sé, l’interno con l’esterno: il tempo sfuma nell’atemporalità e il sistema del sé arriva ad un passo dal crollo.”(p.246)
Da quanto sopra esposto sulla fenomenologia della schizofrenia si può comprendere perché venga in qualche modo associata al misticismo. La loro somiglianza ha portato però ad atteggiamenti diversi e, per certi versi contrapposti, che perdurano tuttora: chi crede che la schizofrenia sia una grave patologia, punto e basta, crede anche che “se saggi e mistici non sono semplicemente malati, sicuramente sono sulla ‘buona strada’ verso qualche grave forma di patologia”; altri invece tendono ad esaltare l’esperienza schizofrenica ritenendola più autentica della normalità, fatta di partecipazione mistica, di una indescrivibile estensione del sé interiore, etc.
I fattori caratterizzanti l’esperienza sopra descritti evidenziano che entrambi i punti di vista sono estremizzazioni di aspetti della realtà esistenti. Tuttavia è sin troppo evidente che nella descrizione fatta da Wilber si accoglie pienamente la posizione di chi crede che esistano piani di realtà differenziati sia soggettivamente che oggettivamente a partire dalla generale distinzione tra pre-personale e trans-personale su cui Wilber insiste molto anche perché spesso vengono confusi. Questo riconoscimento è alla base della psicologia transpersonale che Wilber identifica nei ‘regni superiori’ e che talvolta differenzia in ‘regno sottile’ e ‘regno causale’ e talaltra esprime anche al plurale palesando con ciò una loro gerarchia interna. Si tratta dei ‘livelli di realtà’ che Roberto Assagioli padre della psicosintesi, nonché uno dei fondatori della psicologia transpersonale, usa con parsimonia ma con precisa incisività nei suoi scritti (vedi in particolare ‘Lo sviluppo transpersonale’).
Nel marcare la differenza tra schizofrenia e misticismo Wilber fa osservare che nel primo caso c’è una palese confusione dell’ego con il sé, dell’interno con l’esterno, del naturale con il soprannaturale… Aggiunge inoltre che, come risulta dalle loro cartelle cliniche, gli schizofrenici guariti tendono a considerare il loro ‘vecchio sé’ completamente inadeguato, disadattato, frammentato e addirittura incapace di vivere e non c’è nulla che indichi un interesse genuino per quelle esperienze interiori transpersonali che prima, in qualche modo, li opprimevano.
Tuttavia l’aspetto più importante in merito non sembra risiedere tanto nel meccanismo della regressione, tal ché non si esclude che il mistico possa esserne soggetto in modo passeggero, ed in ogni caso, ad esclusione dei casi gravi, sembra essere una ‘regressione al servizio dell’io’, quanto la struttura psicologica profonda a cui si regredisce, struttura che “era stata traumatizzata nella fase della sua costruzione durante l’infanzia”.
Facendo riferimento alle sequenze evolutive precedentemente esposte nel libro Wilber precisa che “i due punti ‘pericolosi’ per l’eziologia della schizofrenia sono la fase in cui emerge il sé corporeo e quella in cui emerge la mente egoica. Nella fase del sé corporeo, qualsiasi episodio distruttivo tende ad impedire che la coscienza si insedi completamente nel corpo, così che, come base per la successiva costruzione della personalità, si avrà una debole immagine corporea e, come conseguenza, un sistema basato su un ‘falso sé’. Fondamentalmente credo che le conseguenze si manifestino quando emerge la fase della mente egoica: se la personalità non si è stabilmente insediata in una forte immagine corporea, nel momento in cui l’ego inizia a differenziarsi dal corpo è destinato già in partenza ad esperirlo in modo ‘sbagliato’, come parte dell’altro da sé…”(p.250)
Il sentiero del saggio o del mistico che dir si voglia – Assagioli usa la dizione ‘pellegrino sulle vie dello spirito – è tutt’altro. Esso porta ad esplorare e padroneggiare quegli stessi regni superiori che invadono lo schizofrenico. Il vero mistico è in grado di evolvere verso “strutture unitarie definitive, mature e trascendenti”, conservando la padronanza su quelle precedenti, conservando cioè la consapevolezza dei criteri di normalità sociale, evitando così l’emarginazione.
Lavis, 01/02/2021
Fernando Potì