Schizoid Man 6

Ronald Fairbairn da piccolo

Il piacere e l’oggetto
Veramente interessante questo ‘Il piacere e l’oggetto’! Raccoglie gli scritti maturi di Ronald Fairbairn in cui oltre a perfezionare la sua teoria delle relazioni oggettuali, chiarisce anche la sua concezione del metodo psicoanalitico nonché l’importante questione dei suoi aspetti scientifici e terapeutici.
Tra gli sviluppi della sua teoria spicca la critica al ‘principio di piacere’ così come è stato formulato da Freud e la sua radicale reinterpretazione secondo la quale esso è operante solo in una dimensione patologica, ossia in quello che egli definisce ‘sistema chiuso’. Secondo Fairbairn in un sistema chiuso gli oggetti interni la fanno da padroni limitando al lumicino lo scambio con l’esterno quando non lo interrompono del tutto. In questa condizione il paziente è capace solo di relazioni transferali nel tentativo coattivo di ricondurre l’esperienza con il mondo esterno ai propri oggetti interni. E lo farà ancor di più, userà cioè il meccanismo del transfert, per cercare di neutralizzare l’opera del terapeuta così come fa per ogni personale esperienza di vita.
Lo sforzo del terapeuta deve tendere a riaprire questo dialogo con l’esterno aiutando il paziente a divenire consapevole del gioco a somma zero di cui è inconsapevolmente schiavo nel momento in cui si identifica con i propri oggetti interni. Questa identificazione può assumere comunque due aspetti diversi. Con una nota a margine Fairbairn sottolinea che “lo psiconevrotico tende a trattare le situazioni della realtà esterna come situazioni appartenenti alla realtà interna (e cioè in termini di transfert), lo psicotico tende a trattare le situazioni della realtà interna come situazioni appartenenti alla realtà esterna”.(p.157)
Fairbairn vede il riaprirsi e chiudersi di questo dialogo con l’esterno (principio di realtà) nei sogni dei suoi pazienti riportandone alcuni nella parte conclusiva del testo. Questa lettura ha evidentemente avuto un impatto di rilievo anche nel mio inconscio perché nella stessa notte in cui avevo ultimato la lettura del libro ho fatto due sogni a distanza di poche ore l’uno dall’altro.
Primo sogno: Osservo con stupore una ‘formula uno’ fatta di pannelli di legno a livello hobbistico… mi meraviglio della perfezione dell’oggetto lucido e scintillante e ad un certo punto lo sfioro con un dito. Subito dopo mi rendo conto che toccandolo ho rovinato il punto sfibrandolo.
Secondo sogno: I ragazzi vanno per ogni dove, non mi seguono, non riesco a mantenere la disciplina come dovrei in quanto insegnante. Sono angosciato perché non riesco a svolgere il programma.
Si tratta di ambiti che mi sono familiari perché sono stato un hobbista del legno e anche un insegnante. Il vissuto mi ha prestato due ambiti: il primo in cui mi meravigliavo io stesso dei risultati che riuscivo ad ottenere e il secondo per l’angoscia tipica dell’insegnante di dovere concludere il programma a fine anno scolastico. Il primo segnala una breccia nel sistema chiuso a livello relazionale il secondo si premura di richiuderlo nella paura di essere sommerso dalle intense emozioni del mondo interno associate alle esperienze infantili. Per dirla con Fairbairn l’io libidico e l’io anti-libidico si contendono la scena tuttavia in questo gioco a somma zero qualcosa sta corrodendo l’automaticità inconscia dei rimandi e l’emersione dell’angoscia, seppur nel tentativo di evitare i contenuti inconsci, è un segnale evidente.
Concludo con un sogno successivo di un paio di giorni: Sono con un amico. Mi dice che ha passato, e sta passando ancora, un periodo molto difficile. Mi sovviene che l’ho sempre considerato una persona molto rigida nonostante praticasse yoga. Considero che sta già meglio e sento una apertura di cuore.
Questo sogno mi fa ben sperare perché mi sono visto nel mio amico: ho compreso che ciò che ritenevo una sua caratteristica negativa è anche mia. Anzi, forse era solo una mia proiezione…
Lavis, 03/01/2021
Fernando Potì