Schizoid man 5


Ronald Fairbairn: “Fattori schizoidi della personalità”
Nella mia ricerca sulla natura e le cause della schizoidia non potevo, prima o poi, non incontrare Ronald Fairbairn non fosse altro che per quel suo articolo del 1940: “Fattori schizoidi della personalità”. A rivelarmelo è stato un resoconto dettagliato ed esaustivo su di lui reperibile all’indirizzo:
https://it.quaz.wiki/wiki/Ronald_Fairbairn
Questo resoconto mi ha aperto gli occhi sulla teoria psicoanalitica delle relazioni oggettuali, alla quale Fairbairn ha apportato i contributi più originali, e sul suo palese tentativo di sostituire la metapsicologia freudiana con la sua versione della psicoanalisi fondata su nuovi presupposti: “La visione di Fairbairn della psiche umana non era basata sulla nozione freudiana che il bambino trabocca di pulsioni primitive che hanno bisogno di essere domate, ma piuttosto che il bambino cerca l’amore e l’attaccamento emotivo che possono infondergli la sicurezza di cui ha bisogno, esplora il mondo, con la certezza di avere i genitori pronti ad aiutarlo se viene sopraffatto da quell’esplorazione. Il modello di Fairbairn offre una diversa teoria dello sviluppo psicologico, una visione completamente nuova della struttura e delle dinamiche della personalità, una diversa fonte delle origini della psicopatologia e, infine, un diverso approccio al trattamento degli individui disordinati. Il modello di Fairbairn sposta anche l’attenzione dalla repressione (dei desideri sessuali e aggressivi proibiti dell’Es) e torna alla dissociazione come meccanismo di difesa fondamentale utilizzato dalla psiche umana.” La dissociazione o scissione è il meccanismo di difesa base della personalità schizoide che per Fairbairn è la radice malsana di qualsiasi forma di psicopatologia.
Il modello strutturale di Fairbairn lo riprendo da “Le relazioni oggettuali nella teoria psicoanalitica” di Greenberg e Mitchell i quali cercano di fissare in un quadro ben definito la sua proposta perché, come osserva lo stessa Fairbairn nella prefazione al suo “Studi psicoanalitici sulla personalità” (in cui è compreso l’articolo citato all’inizio) “il libro è una raccolta di vari contributi da me scritti di volta in volta in circa venticinque anni in appoggio alla concezione psicoanalitica che andavo elaborando. […] rappresenta ‘non l’elaborazione di una concezione già costituita, ma lo sviluppo progressivo di una linea di pensiero.”(p.20)
Nel capitolo dedicato a “W.R.D. Fairbairn”, dopo aver esposto la sua critica alla teoria pulsionale di Freud, anche nella riformulazione della Klein, e la sua revisione della teoria libidica basata sulla inseparabilità di energia e struttura, gli autori approdano alla teoria psicoanalitica di Fairbairn conseguente alle sue innovazioni: “Egli immagina un io unitario, integrato, con una propria energia libidica, che cerca relazioni con oggetti esterni reali; se questi contatti sono soddisfacenti, l’io rimane integrato e intero. Relazioni insoddisfacenti con oggetti esterni naturali rendono necessario che l’io costruisca oggetti interni compensatori. La scissione dell’io è una conseguenza di tale proliferazione di oggetti interni, poiché differenti proporzioni dell’io restano correlate a differenti oggetti interni. L’attaccamento e la devozione dell’io ai suoi oggetti interni provocano una frammentazione dell’originario io integrato.”(p.168)
Si comprenderà a questo punto perché Fairbairn ha catturato la mia attenzione. Egli postula non solo un io originario integro e aperto al mondo – criticato dagli stessi Greenberg e Miychell perché “comporta una certa mancanza di chiarezza” – ma anche che sono le insoddisfacenti relazioni esterne a determinare il presupposto per la creazione di oggetti interni che vengono scissi dall’io provocando una frammentazione dell’originario io integrato. Questa impostazione a me sembra invece molto aderente alle impostazioni della Psicosintesi sia per quanto concerne l’integrità originaria dell’io sia per la sua frammentazione in tanti piccoli io definiti dalla Psicosintesi ‘subpersonalità’. L’Io per Assagioli è una conquista che si ottiene una volta che ci si è disidentificati dalle subpersonalità; che, in altre parole, siano state ricomposte le ‘scissioni’ dopo averle riconosciute, possedute e trasformate. Questo Io, riflesso del Sé, presuppone tuttavia un io originario integro e aperto al mondo.
La scissione, meccanismo di difesa tipico della personalità schizoide, diventa per Fairbairn la difesa primaria su cui proliferano tutte le altre e quindi tutte le altre psicopatologie. E’ pur vero che per il nostro autore non c’è nessuno che si sottragga a qualche forma di scissione e ciò è tanto meno possibile per la pressione esercitata dalle esigenze della società moderna. Nella quasi totalità degli esseri umani, dunque, la relazione con la madre oltre ad avere una componente gratificante, ne ha anche una non gratificante. Quest’ultima, per Fairbairn, “non consiste semplicemente in un rifiuto, ma in un rifiuto successivo ad un senso di speranza e di promessa”.
Il bambino ha quindi tre esperienze diverse: madre gratificante; madre allettante; madre deprivante. “Quando la relazione originale con la madre reale, esterna, diventa insoddisfacente, viene internalizzata. Il risultato quindi, non è una singola relazione interna, ma tre, che corrispondono alle tre caratteristiche della relazione esterna con la madre. I tre distinti oggetti interni vengono chiamati da Fairbairn l’oggetto ideale (gli aspetti gratificanti della madre); l’oggetto eccitante (gli aspetti promettenti e allettanti della madre); l’oggetto rifiutante (gli aspetti deprivanti, di negazione, della madre). Mano a mano che ciascuna di queste caratteristiche della madre viene internalizzata e stabilita come oggetto interno, una parte dell’io integrato, diretto all’esterno, è scissa dalla sua unità originaria, per essere legato ad essa in una relazione oggettuale interna. La parte dell’io che viene legata ed identificata con l’oggetto eccitante e che, di conseguenza, è in perpetua ed avida ricerca dell’allettante promessa di relazioni, viene chiamata da Fairbairn «io libidico». La parte dell’io che è legata all’oggetto «rifiutante» e si identifica con esso, ed quindi ostile e ironico nei confronti di qualsiasi contatto o gratificazione viene chiamata «io anti-libidico» (in precedenza tale struttura era stata chiamata «sabotatore interno». Quel che resta dell’io originale, che Fairbairn chiama «io centrale», è collegato e identificato con l’oggetto «ideale», ossia con gli aspetti gratificanti e confortanti delle relazioni con la madre. L’io centrale è anche quella parte dell’io ancora utilizzabile per relazioni con persone reali del mondo esterno.”(p.169)
L’io centrale raccoglie tutti gli aspetti positivi del contatto con la madre che residuano dopo che le parti troppo eccitanti e le parti troppo rifiutanti sono state scisse. “L’internalizzazione di questo oggetto è il risultato di uno sviluppo secondario che Fairbairn chiama la «difesa morale».” La sua aspirazione a vivere secondo gli ideali è fondata sull’illusione che così facendo si rende possibile un contatto reale e gratificante con la madre o con il suo sostituto. In realtà le cose stanno diversamente perché questa aspirazione ideale serve unicamente da distrazione e difesa “contro l’investimento degli oggetti interni «cattivi», da parte dell’io sussidiario.”
L’oggetto buono può ovviamente assumere le sembianze più varie. Può divenire quello della ‘dea madre’ oppure quello dell’aspirazione agli ideali magici ed esoterici per i quali si è disposti a disciplinare o meglio a sacrificare (render sacra) la propria vita quotidiana in vista di progressi spirituali che tardano a giungere oppure che si manifestano ciclicamente ma senza mai mettere radici… (ma del rapporto tra schizofrenia e misticismo scriverò in un prossimo articolo).
Vale invece la pena per completare la proposta di Fairbairn accennare al ruolo della figura del padre che sembra comunque avere effetti secondari rispetto a quelli della madre. Seppur successivamente il bambino sembra ricapitolare con il padre la relazione iniziale con la madre. Ci troviamo quindi con la struttura psichica precedentemente descritta che viene duplicata ossia con un oggetto eccitante, un oggetto rifiutante, un oggetto ideale, derivanti dalla sua esperienza con il padre. “L’io del bambino combina questa due serie di oggetti attraverso processi di stratificazione e fusione, per formare un singolo oggetto ideale; ora ci sono strutture composite e complesse, derivanti da relazioni con entrambi i genitori. Il bambino proietta dunque sui genitori le immagini degli oggetti eccitanti e rifiutanti. Il più delle volte il genitore del sesso opposto diventa l’oggetto eccitante, visto come seducente e allettante; l’altro genitore è l’oggetto rifiutante, ed è visto come un rivale malevolo, interferente”.(p.173)
Il modello è ora completo. C’è solo da chiedersi quanto può essere utile per comprendere meglio le dinamiche delle nostre relazioni oggettuali il cui riscontro è visibile nelle nostre relazioni esterne con persone reali poiché ciò che costruiamo fuori è l’esatta immagine del nostro mondo interiore. Guardare all’uno e all’altro può aiutarci a migliorare la vista e la vita. Per quanto mi riguarda il modello di Fairbairn mi ha consentito di strutturare meglio la comprensione delle mie problematiche personali e relazionali soprattutto perché dopo aver svolto una quasi decennale analisi delle subpersonalità in ambito psicosintetico sentivo proprio l’esigenza di una strutturazione più precisa del ‘molteplice’ materiale emerso.
N.B. La mia modesta sintesi non può e non vuole essere in alcun modo sostitutiva di una lettura attenta e meditata delle fonti originali sopra riportate.
Lavis, 16/12/20
Fernando Potì