Schizoid Man 4

‘RELAZIONE ANALITICA CON I PAZIENTI SCHIZOIDI’

La faccia che vedete nell’immagine è di Nancy McWilliams docente di Teoria e Terapia psicoanalitica presso la Graduate School of Applied and Professional Psychology, Università statale del New Jersey nonché psicoterapeuta. Ha pubblicato diversi libri ed ha partecipato a diversi incontri a livello internazionale tra cui uno a Roma in cui ha presentato il lavoro che qui commento brevemente – poiché il mio intento principale è di farlo conoscere e invitare alla lettura – dal titolo citato sopra e facilmente reperibile su internet.
Un lavoro che in quanto ad approccio (quello fenomenologico) e a profondità e argutezza dell’analisi non ha precedenti in ciò di cui sono sinora venuto a conoscenza sul tema. E ciò mi fa ben sperare sulla capacità della scienza accademica di svincolarsi da canoni desueti e di aprirsi a nuovi orizzonti epistemologici oltre che metodologici. Tant’è che l’autrice pur vantando un curriculum di peso a livello globale non esita a mettersi soggettivamente in gioco: “Sono sempre stata attratta dagli schizoidi, infatti la maggior parte dei miei amici più intimi rientra in questa categoria. Un’attrazione che certamente ha a che vedere con alcuni miei aspetti dinamici, che, come dirò, tendono alla depressione e all’isteria.”
Non mi soffermo sulle tematiche trattate con originalità e rara sensibilità come l’attaccamento, il desiderio di essere amato, la sensibilità, il ritiro, la paura di andare a pezzi, etc, reiterando l’invito alla lettura. Mi soffermo invece sul fatto problematico che gli schizoidi, “più degli altri, percepiscono ciò che non viene detto. È probabile che lo schizoide abbia appreso dalla propria storia dolorosa di disapprovazione parentale e di gaffes sociali che una parte di ciò che egli vede è evidente a tutti, mentre altri aspetti percepiti da lui non lo sono. E, dal momento che vede i segreti di tutti, lo schizoide non sa di che cosa si possa parlare o che cosa sia sconveniente rivelare o sapere. Perciò, una parte del ritiro dello schizoide può rappresentare non tanto un automatico meccanismo di difesa, quanto una valutazione cosciente del valore dell’evitamento.”
Questa facoltà transpersonale dello schizoide, rilevata dall’autrice senza tuttavia trarne le debite e ‘sconvolgenti’ conseguenze, si abbina ancor più ‘pericolosamente’ con il paragrafo successivo “Il senso di unità con l’universo” che ne sembra l’esatto pendant. Questa relazione più che una fantasia difensiva di ‘onnipotenza’ nello schizoide viene vista dall’autrice come una manifestazione di ‘onnipresenza’: “Mi colpisce che ciò che gli schizoidi provano sia un sentimento, che potremmo definire esistenziale, di mancanza di differenziazione o di elaborazione di sé. Ritengo anch’io che si debba parlare più di un senso di fusione primaria, dell’”armoniosa fusione pervasiva” di Balint (1968) che non di onnipotenza. In letteratura, vengono affrontati i motivi per cui questi legami sono diventati disarmonici e negativi. Doidge (2001) fa notare quanto l’opera di Samuel Beckett risuoni di temi schizoidi e sottolinea la sua affermazione di non essere mai nato. Un terapeuta, in una conferenza sulla personalità schizoide, affermò che gli schizoidi, che vivono in un mondo in cui i loro corpi non sono più reali di quelli di coloro che li circondano, non sono “sufficientemente incarnati”. Questo senso di fusione con l’ambiente può portare ad animare l’inanimato. È risaputo che Einstein parlava della sua identificazione con le particelle per poterne capire la loro natura. Abitualmente, la tendenza a sentire una parentela con le cose, è spiegata come conseguenza dell’allontanamento dalle persone, ma potrebbe anche essere dovuta al riemergere di un’attitudine animistica che la maggior parte di noi riscontra solo nei sogni o in vaghe memorie del pensiero infantile.”
E mi fermo qui, anche se mi piacerebbe tanto dire qualcosa sulla differenza tra ‘primitivo’ e ‘originario’ per chiarire un po’ il concetto di animismo che spesso e volentieri viene usato per mettere fuori gioco alcune percezioni sottili che, a mio parere, andrebbero prese molto più sul serio. Ma questa è un’altra storia rispetto a questo commento-invito alla lettura.
Lavis, 21/11/20
Fernando Potì