Jiddu Krishnamurti

Jiddu Krishnamurti
Leggo il ‘Taccuino’ di Jiddu Krishnamurti (reperibile su internet) e per quanto sia appena all’inizio non riesco a togliermi dalla testa, anzi trovo sempre nuove conferme, che la sua opera rappresenti la metà mancante della psicosintesi, quella transpersonale. Ironia della sorte, preconizzato come il nuovo Maestro del Mondo dalla Società Teosofica, quando ha iniziato ad esprimere liberamente il suo pensiero ha deluso i molti che ben altro avrebbero voluto da lui. Come sempre chi lo attendeva non lo ha saputo riconoscere. E’ una vecchia storia…
Intanto riporto quello che l’autore ha scritto sul suo Taccuino il 29 luglio del 1961 a New York riproponendomi di ritornare sull’argomento.
“29 luglio
Mi sono intrattenuto a lungo con alcune persone, e dopo che queste se ne sono andate, mi sono sentito come sospeso fra due mondi. E in questo momento è tornato il mondo del “processo” e quella sconfinata intensità. Perché questa separazione? Le persone che ho visto non erano serie, almeno esse pensavano di essere serie ma lo erano solo in maniera superficiale. Non ci si poteva dare completamente e di qui questa sensazione di non essere più a casa, che è stata comunque una strana esperienza.
Stavamo parlando e uno scorcio del ruscello spiccava tra gli alberi. Era uno spettacolo normale, un fatto di tutti i giorni, ma mentre guardavo, diverse cose si verificavano, non fatti esteriori ma chiara percezione. Per essere maturi, è assolutamente necessario che vi siano: 1) completa semplicità che si accompagni a umiltà, non nelle cose o per quel che riguarda il possesso, ma nella qualità dell’essere; 2) passione, con una intensità che non è puramente fisica; 3) bellezza; non solo sensibilità alla realtà esteriore, ma l’esser sensibili a quella bellezza che è al di là e al di sopra di pensiero e sentimento; 4) amore; la sua totalità, non quell’amore che conosce gelosia, attaccamento, dipendenza; non l’amore che viene diviso in carnale e divino. L’intera immensità dell’amore; 5) e la mente capace di cercare, di penetrare senza motivo, senza scopo, nelle sue stesse sconfinate profondità; la mente che non ha barriere, ed è libera di vagare fuori del tempo-spazio.
All’improvviso sono stato consapevole di tutto questo e delle sue implicazioni; è bastata la semplice vista di un ruscello, fra rami e foglie marcescenti, in un giorno piovoso e tetro.
Mentre stavamo parlando, senza ragione, poiché ciò di cui parlavamo non era troppo serio, emersa da inaccessibili profondità, all’improvviso ho sentito questa immensa fiamma di potere, distruttiva nella sua creazione. Era il potere che esisteva prima che tutte le cose venissero in essere; era inaccessibile, e era impossibile accedervi per la sua stessa energia. Non esiste altro che quell’unica cosa. Immensità e sacro timore.
Parte di questa esperienza deve essere continuata durante il sonno, perché al risveglio, stamattina presto, era li, e l’intensità del processo mi aveva svegliato. Supera ogni pensiero e parola la descrizione di ciò che avveniva, la stranezza di esso, l’amore, la bellezza. Nessuna imma­ginazione potrebbe mai creare tutto questo, e neppure è un’illusione; la sua forza e la sua purezza non sono alla portata di una finzione del cervello-mente. È una cosa al di là e al di sopra di tutte le facoltà umane.”(p.25)