FINIS GLORIAE MUNDI

“Non va purtroppo meglio ai nostri giorni. Tutte le scienze moderne si avvicinano pericolosamente all’alchimia. Pericolosamente, diciamo, perché il partito preso della specializzazione fa loro riscoprire frammenti dispersi della conoscenza ermetica, allontanandoli dalla sintesi che sola permette di abbordare, con la coscienza e prudenza sufficienti, gli aspetti più pericolosi dell’arte. Gli alchimisti che ci precedettero ebbero il discernimento di operare unicamente su piccole quantità di materia, non perché gli strumenti di laboratorio fossero allora troppo primitivi, ma perché sapevano fino a che limite il lavoro rimaneva controllabile, essendo l’uomo imperfetto. Se avevano bisogno di quantità più notevoli dell’elisir come succedeva ai medici in tempi di peste, ripetevano il lavoro, sempre nei limiti delle proprie forze, fino ad aver completato le loro riserve. Gli evangelisti che danno testimonianza della trasfigurazione di Cristo ci dicono che i discepoli caddero con la faccia a terra, incapaci di sopportare l’intensità della luce che emanava da Lui, e che la manifestazione di questo fuoco di fuoco e di questo candore di candore non durò nemmeno il tempo necessario perché l’apostolo Pietro pronunciasse una sola frase”.
Immaginiamo allora lo scatenamento di un fuoco meno perfetto ma altrettanto intenso e che degli imprudenti soffiatori lo sostentassero per mesi, perché, per il fatto stesso della sua imperfezione, sarebbe sul momento più sopportabile…
La ditficoltà dell’alchimia risiede nella misura necessaria e nella gradazione di questi fuochi segreti che, se possono portare alla propria conclusione la trasmutazione, possono altrettanto bene provocare l’esplosione del crogiuolo, l’apparizione del ciclo delle quattro Età o quella della Prostituta. Come ha ragione Juan de Valdés Leal a dare, nel suo quadro, un posto centrale alla ponderazione, ni mas, ni menos! Ancor meglio, tutto sommato, che il fuoco sia troppo debole: l’apprendista non otterrà alcunché oppure otterrà alcuni stati aberranti che ritorneranno abbastanza presto alla materia morta ordinaria. La mancanza di pazienza o la volontà di ottenere risultati immaginati in anticipo e lontanissimi dalle potenzialità di rigenerazione della natura, infine, la folle sete di potere demiurgico, conducono il più delle volte a intensificare i fuochi oltre il necessario, come se la loro intensità fosse di palliativo all’immaturità dell’Opera. L’ultima delle massaie sa benissimo che, se aumenta il calore del suo ferro da stiro per eliminare una brutta piega recalcitrante, rischia soprattutto di strinare il tessuto e che, se insiste, la bruciatura sarà irrimediabile; meglio in questo caso inumidire il panno e asciugarlo dolcemente. Ma le lezioni di questa saggezza pratica sono forse le più difficili da far comprendere a dei potenti soffiatori, potenti di e in questo mondo, ubriachi delle loro passioni e nutriti da tutte le chimere che evoca nel profano il termine stesso di alchimia.
Nel secolo di Luigi XIV, i soffiatori sognavano di riempire le loro cantine di mucchi d’oro, eguagliando in questo modo il vano splendore dei re; gli spropositi odierni sono appena meno ingenui ma notevolmente più sinistri. È col potere occulto sull’anima del mondo e su quella dei popoli che ci si ubriaca, usando per conseguirlo, indifferentemente, i mezzi triviali della politica o dell’economia e le conoscenze generate da una scienza scissa. Da un lato, si osa toccare il germe della vita, fabbricando, per propagare il terrore, virus con effetti incurabili dalla medicina ordinaria, alcuni così fulminanti che neanche la medicina universale avrebbe il tempo di agire; dall’altro, si simula l’inversione dei poli magnetici o si operano distorsioni sul campo terrestre per trarre le folle in stati di ipnosi, di disponibilità medianica o di furore cieco; sì tocca deliberatamente la regolazione del clima e del tempo. Si perverte, infine, la teurgia e s’invocano mostri che neanche i più degenerati dei magi assiri avrebbero osato trarre dai loro abissi. I mitici Atlantidei arrischiavano queste pratiche degradanti alla luce del giorno; i veri soffiatori di questi tempi aggiungono alla perversione delle pratiche quella del segreto.”
(Tratto da: FINIS GLORIE MUNDI, Fulcanelli, pg.64)