Chi di speranza vive…


C’è un meccanismo diabolico di cui molti di noi sono succubi e che la saggezza popolare esprime con: “Chi di speranza vive, disperato muore!” La psicologia moderna lo ha setacciato a dovere per coglierne le verità scientifiche (l’oro). A me è capitato di intravvederne qualcuna nell’io libidico di Fairbairn, espressione dell’oggetto eccitante in perpetua ricerca dell’allettante promessa di relazioni appaganti. Peccato che nella struttura psichica che ha elaborato questo oggetto eccitante debba fare i conti con l’oggetto rifiutante, ostile e ironico nei suoi confronti, non a caso è anche chiamato ‘sabotatore interno’. L’aspirazione dell’io centrale – terzo oggetto internalizzato risultato di una sviluppo secondario – a vivere secondo gli ideali è fondata sull’illusione di poter realizzare un contatto gratificante con la realtà (in origine la madre) ignorando i precedenti contendenti (si vedano i miei precedenti articoli su Fairbairn).
La realtà allora sfugge di mano per qualche motivo che in un primo momento appare puramente casuale e quindi attribuibile a quelle coincidenze sfortunate che si spera non si verificheranno più. Sarà l’accumulo di queste sfortunate coincidenze a farci aprire gradualmente gli occhi su una realtà che , piuttosto che esserci ostile, ci restituisce semplicemente quello che c’è dentro di noi, specchio fedele, non delle nostre idealità illusorie, quanto del magico mondo che pur operando in noi e nutrendosi delle nostre energie, fa il suo gioco nell’ombra, sempre lo stesso, pur in circostanze diverse poiché è l’unico che conosce (coazione a ripetere).
L’idealità dell’io è allora la prima frontiera che nasconde, o per meglio dire è solidale con la struttura sottostante di un io libidico che aspetta e spera ed un io sabotatore che disfa e dispera per paura del rifiuto, dell’abbandono, del non riconoscimento, dell’imbrigliamento, all’origine delle diverse forme di disturbo della personalità. Riconoscere la falsità del nostro idealismo, quando ci manca il terreno sotto i piedi, intuendo che il nostro rapporto con la realtà è malsano (frutto di un malsano rapporto originario con i genitori) è il primo passo di una presa di coscienza che, sola, può aprire nuovi orizzonti esplorativi e di crescita.
Non c’è stato solo Fairbairn ad estrarre oro dalla saggezza popolare. Anche Laing lo ha fatto dicendo pressapoco le stesse cose con uno stile e un approccio diverso. Anzi è stato proprio leggendo una citazione tratta dai suoi scritti che Cristhian Scorrano ha inviato al gruppo FB ‘Personalità (conosci, possiedi, trasforma te stesso)’ che ho tratto lo spunto per questo articolo. Ringraziando Cristhian la ripropongo per intero: “Quando l’illusione acquista potere esige di essere realizzata, costringendo l’individuo a entrare in conflitto con la realtà, conflitto che sfocia in un comportamento disperato. Il perseguimento di un’illusione richiede il sacrificio dei buoni sentimenti nel presente e la persona che vive nell’illusione è per definizione incapace di avanzare pretese di piacere. Nella sua disperazione è disposta a rinunciare al piacere e a tenere in sospeso la vita nella speranza che l’avverarsi dell’illusione faccia scomparire la disperazione.”
Al crollo di un’illusione segue invariabilmente una reazione depressiva.
“Se nell’infanzia una persona ha subito una perdita o un trauma che mina i suoi sentimenti di sicurezza e di accettazione di sé, proietterà nella sua immagine del futuro l’esigenza di un rovesciamento delle esperienze del passato. Così l’individuo che da bambino fa esperienza del rifiuto si immagina il futuro come una promessa di accettazione e di approvazione. Se da bambino ha dovuto combattere con un senso di impotenza sarà naturale che la sua mente compensi questo insulto all’io immaginandosi un futuro in cui egli sarà potente e capace di esercitare il controllo sugli altri. Nelle fantasie e nei sogni ad occhi aperti la mente cerca di rovesciare la realtà sfavorevole e inaccettabile creando immagini e sogni. Perde di vista la loro origine, che si situa nell’esperienza infantile, e sacrifica il presente alla loro realizzazione. Queste immagini sono scopi irreali e la loro realizzazione è un obiettivo irraggiungibile.”
Lavis, 15/02/2021
Fernando Potì