Allenamento e uso dell’immaginazione per la Tecnica del Modello Ideale

La Tecnica del modello ideale ha lo scopo “di utilizzare il potere dinamico e creativo delle immagini, particolarmente delle immagini visive”. E’ quanto scrive Assagioli introducendo la tecnica sotto il titoletto Scopo. Un paio di pagine dopo ripete lo stesso concetto sotto il titoletto Principi informatori richiamando in modo più incisivo il “potere creativo dell’immaginazione” il quale “si basa sulla legge psicologica per la quale ogni immagine ha in se un elemento motore che tende a tradursi in azione”.1 Si tratta della prima delle dieci leggi della psicodinamica esposte da Assagioli ne L’atto di volontà nell’ambito della trattazione della volontà sapiente la quale recita: “Le immagini e le figure mentali e le idee tendono a produrre le condizioni fisiche e gli atti esterni ad esse corrispondenti”.2 Viene delineato qui un vero e proprio potere autonomo, intrinseco alla stessa facoltà dell’immaginare; un potere che il soggetto può utilizzare ma che opera in ogni caso spontaneamente, sia a livello conscio che inconscio, come vedremo meglio in seguito.
Un potere, anche questo, sottratto al monopolio della magia sia bianca che nera (e dell’esoterismo in generale), che da sempre ha fatto uso dell’immaginazione per le proprie realizzazioni; un potere reso di dominio pubblico, messo dalla psicosintesi a disposizione di tutti, nel bene e nel male, poiché ogni potere è caratterizzato dal fatto che se non lo si usa attivamente per scopi personali o universali, lo si subisce passivamente e, quasi sempre, inconsapevolmente.3 Ce lo ricorda lo stesso Assagioli commentando la prima legge della psicodinamica quasi volesse rispondere a quanti negano tale possibilità non solo a se stessi ma all’uomo in generale.
All’obiezione che noi non ci rendiamo conto che le immagini e le idee si trasformano in azioni, si può rispondere che questo succede perché, ordinariamente, numerose immagini mentali si affollano in noi contemporaneamente o in rapida successione, ostacolandosi e intralciandosi a vicenda. Questa legge è alla base di tutti gli effetti psicosomatici, sia patologici che terapeutici, ed è uno dei fatti che spiegano la suggestione di massa, sfruttata così astutamente e con tanto successo dai pubblicitari e dagli altri “persuasori”, inclusi gli uomini politici.
Se la Tecnica del modello ideale si fonda sul potere creativo dell’immaginazione non possiamo esimerci dal seguire il suggerimento del nostro autore il quale senza mezzi termini rinvia per ulteriori approfondimenti scrivendo tra parentesi: (vedi: Tecnica per l’allenamento e l’uso della immaginazione).
In questo paragrafo, che ha per titolo Allenamento e uso dell’immaginazione, in realtà non viene proposta alcuna tecnica specifica e forse proprio per questo il curatore dell’opera ne ha eliminato il termine. Assagioli aggiunge invece ulteriori riflessioni sull’immaginazione quasi a volerla inquadrare meglio e soprattutto a delineare maggiormente l’importanza della pratica delle tecniche ad essa specificamente dedicate, successivamente esposte, ai fini del percorso psicosintetico e come prerequisito indispensabile alla Tecnica del modello ideale. Queste riflessioni ci dicono che la funzione immaginativa è di per se molto particolare e che ad essa la psicosintesi dedica una particolare attenzione. E’ di per se particolare perché “può operare a diversi livelli contemporaneamente: quelli della sensazione, degli impulsi e desideri, dei sentimenti, del pensiero e dell’intuizione. In un certo senso essa combina quelle funzioni in varie proporzione”.

la stella delle funzioni

Nella stella delle funzioni oltre a contrapporsi alla funzione impulso e desiderio e a fare contemporaneamente da argine e da portavoce ad essa, ha le mani in pasta un po’ dovunque, con tutte le funzioni, e a nessuna di esse è mai del tutto estranea. Si pensi ad esempio al ruolo che l’immaginazione svolge nel condensare e fissare la intuizioni in immagini, simboli e in tante altre forme artistiche. E come non riconoscerla nella presenza del volto dell’amato/a che ripetutamente ritorna alla mente per soffiare sul fuoco appena divampato. Potremmo forse azzardare che la funzione immaginativa è la più plastica e onnipresente funzione della stella tenuto conto che la volontà si situa ad un livello superiore, è cioè una meta funzione.
Questo spiega la particolare attenzione della psicosintesi per l’immaginazione sia nella sua funzione evocatrice, appena accennata, sia nella sua funzione creatrice di immagini. Scrive Assagioli:
“L’immaginazione nel senso preciso di funzione evocatrice e creatrice di immagini, è una delle più importanti e più spontaneamente attive, in entrambi i suoi aspetti, cosciente e inconscio. Perciò è una delle funzioni che deve venir regolata quando è eccessiva o dispersa; venir sviluppata quando è debole o inibita; e poi ampiamente utilizzata data la sua grande potenza.
Questo spiega perché nella terapia psicosintetica ce ne occupiamo in modo particolare, tanto più che l’uso della tecnica dell’immaginazione è uno dei mezzi migliori per giungere alla sintesi delle diverse funzioni.”4

In termini operativi la funzione immaginazione va regolata quando è eccessiva o dispersa, sviluppata quando è debole o inibita e successivamente ampiamente utilizzata nel percorso di crescita interiore e, coerentemente, anche esteriore. La regolazione richiama alla mente, ancora una volta, l’uso eccessivo e spesso spasmodico e occultamente coercitivo dell’immaginazione che nella realtà sociale attuale è andata ben al di là di qualsiasi pessimistica previsione delle rappresentazioni della società dello spettacolo del secolo scorso5. Quelle denunce erano di certo in difetto ma non avevano messo in conto la flessibilità dell’animo umano che sa adattarsi anche agli ambienti più ostici sviluppando gli adeguati anticorpi. Non basta, tuttavia, una resistenza passiva che ci lascia comunque in balia di una fantasia troppo facilmente influenzabile dall’ambiente esterno e di quant’altro ci suggerisce confusamente dall’interno il nostro animo molteplice. Assagioli ci invita ad un atteggiamento attivo, a focalizzare più attentamente questa funzione nelle sue basi oggettive e naturali, che ci parlano di un potere misconosciuto, o conosciuto e usato solo da pochi, perché i più si sono limitati sino ad ora – non importa se per cause soggettive o oggettive – ad uno psichismo superficiale che ne impediva la genuina e chiara manifestazione. Occorre, per fare questo, sfatare la favola divenuta ormai una credenza che il potere dell’immaginazione è una metafora artistico letteraria che nulla a a che fare con la realtà. Occorre invece coglierne il senso anagogico il quale prescrive precise condizionalità entro le quali l’immaginazione creativa è una realtà oggettiva e dimostrabile scientificamente. Queste riflessioni combaciano perfettamente con quanto la Magia ha sempre professato e tutte le Tradizioni hanno confermato. A testimonianza di ciò riportiamo quanto scritto da Henry Corbin in L’immaginazione creatrice.
“Qui, tuttavia, un avvertimento si impone: questa Imaginatio non deve, soprattutto, essere confusa con la fantasia. Come già notava Paracelso, a differenza dell’Imaginatio vera, la fantasia (Phantasey) è un gioco del pensiero, senza fondamento nella natura: essa non è altro che “la pietra miliare dei folli”.
Avvertimento essenziale, che previene il pericolo di una confusione diffusa, risultato di concezioni del mondo a causa delle quali, se si continua a parlare di una funzione “creatrice” dell’Immaginazione, lo si fa in forma di “metafora”. Si sono prodotti tanti sforzi nella teoria della conoscenza, tante “spiegazioni” (derivate da questa o quella forma di psicologismo, dallo storicismo, dal sociologismo) tese ad annullare il significato oggettivo dell’oggetto, che ci ha condotto, a paragone con la concezione gnostica dell’Immaginazione, ad un agnosticismo puro e semplice. A questo livello, esaurito ogni rigore terminologico, l’immaginazione viene confusa con la fantasia. Che essa sia, invece, un valore noetico, che sia un organo della conoscenza, in quanto “creante” dell’essere, sono nozioni che difficilmente rientrano nelle nostre abitudini.”6

Siamo in grado, ora, di comprendere il significato che Assagioli attribuisce agli esercizi che ci propone di fare. L’allenamento dell’immaginazione prende l’avvio con la Tecnica della visualizzazione la cui grande importanza e predominanza rispetto ad altre forme immaginative (uditive, tattili, olfattive, gustative, cinestetiche, ecc.) – scrive Assagioli – sta “nel fatto che costituisce l’allenamento preliminare necessario per l’uso di altre importanti tecniche. La rappresentazione del ‘modello ideale’ (descritta più oltre) richiede la capacità di visualizzare in modo vivido e preciso.” La capacità di visualizzare vividamente e con precisione rende possibile, tra le altre, “l’uso pratico della visualizzazione simbolica (vedi Tecnica per l’uso dei simboli)”.
Non si creda comunque che il Procedimento descritto da Assagioli consista nel semplice aspetto tecnico che peraltro è limitato alla visualizzazione di numeri su una lavagna e successivamente a quella di forme geometriche variamente colorate. L’aspetto interessante, soprattutto in un’ottica autoformativa, sta nel fatto che per il nostro autore “l’esercizio offre molti dati utili per mettere in evidenza differenze nel funzionamento psichico individuale”. Per fare un esempio relativo alla visualizzazione delle forme e dei colori: “la visualizzazione delle forme è connessa più alla funzione mentale, del pensiero, mentre quella del colore con la funzione emotiva”.7
Per concludere questa trattazione dell’immaginazione sulle orme di quanto ci ha lasciato di scritto Assagioli e di nostra conoscenza e dopo aver rinviato alla pratica delle specifiche tecniche come uno dei prerequisiti dell’uso della Tecnica del modello ideale, ci preme sottolineare quanto ci ha particolarmente colpito dei Principi informatori della Tecnica della visualizzazione dove Assagioli anticipa, di sfuggita, uno dei principi base dello sviluppo della Programmazione neurolinguistica (PNL): “Ho menzionato la legge fondamentale secondo la quale ogni immagine ha una tendenza motrice. Aggiungo ora qualcosa di più: “Ogni movimento richiede una sua immagine che lo preceda”.”8
Articolo scritto da Paolo Menegot e Fernando Potì