Stare sull’onda


Come un surfista ci provo ma l’onda mi travolge. Riuscire mi dà le vertigini. Il modello dominante è: “Non puoi farcela!”, programmazione neuro linguistica incisa in profondità. Eppure questo modello è stato più volte infranto in circostanze eccezionali. Finora ho avuto bisogno di rivoluzioni, scontri epocali, di essere gettato nella mischia, per tirar fuori il meglio di me, il mio demone, l’uomo antico. Altrimenti seppellisco la testa sotto la sabbia per non vedere, non sentire, non rischiare. Dottor Jekyll e Mister hyde, double face, in fuga da un me stesso che ha troppo potere e quando questo potere emerge non lo sa usare e allora sono danni per gli altri e per me stesso perché il potere o è usato “come Dio comanda” oppure si trasforma “in castigo di Dio” (vedi Roberto Assagioli: Coscienza spirituale e coscienza astrale, www.psicoenergetica.it). Sono le ali di Icaro che si sciolgono al sole, sono le qualificazioni iniziatiche di Guenon che mancano, sono le prove per accedere ai Misteri, è il guardiano della soglia, è il serpente della Genesi. E’ l’incapacità di stare sull’onda. Sull’onda della creatività, della sintesi, dell’equilibrio perfetto tra terra e cielo. Nietzsche esprime questa condizione di titubanza nell’aforisma 124 de La gaia scienza: «Abbiamo lasciato la terra e ci siamo imbarcati sulla nave! Abbiamo tagliato i ponti alle nostre spalle – e non è tutto: abbiamo tagliato la terra dietro di noi. Ebbene, navicella! Guardati innanzi! Ai tuoi fianchi c’è l’oceano: è vero, non sempre muggisce, talvolta la sua distesa è come seta e oro e trasognamento della bontà. Ma verranno momenti in cui saprai che è infinito e che non c’è niente di più spaventevole dell’infinito. Oh, quel misero uccello che si è sentito libero e urta ora nella pareti di questa gabbia! Guai se ti coglie la nostalgia della terra, come se là ci fosse stata più libertà – e non esiste più “terra” alcuna!»
Navigo in questo mare ignoto aggrappato alla zattera della mia personalità che non ha più terra su cui poggiare. Eppure continuo a illudermi che il mondo è solido, fatto di pesanti e duri mattoni tenuti insieme da ottima malta fatta di vera calce e ad ogni onda mi aggrappo sempre più forte perché ogni onda mi fa rivivere l’impermanenza e alla lunga mi sta abituando a governare almeno per un po’ l’onda che sopravviene e ad usare pian pianino la mia zattera come una tavola capace di cavalcare l’onda.
Cavalca l’onda! Questo è il meta modello che può sostituire le paure in basso e in alto, proprio in quel mezzo che non è mediazione ma sintesi. Cavalca l’onda! Ci sei quasi, quasi ci sei!
Prova ora ad immaginare gli ultimi capitomboli come una preparazione, un allenamento ad osare sempre di più la dove l’unico maestro è quel gioco interiore che non ti dice cosa e come fare (da buon coach – vedi John Whitmore: Coaching, come risvegliare il potenziale umano nella vita professionale e personale) ma ti presenta sempre prove giuste per te, per farti crescere tirando fuori il meglio di te… sbaglierai di certo ma riflettendoci troverai gli ostacoli da superare lavorandoci sopra con la consapevolezza e la responsabilità che nasce dalla tua attenzione sempre più focalizzata. Il nosce te ipsum lavora in alto e in basso per fare il miracolo di una cosa sola.
Ora pensa a B. Appena l’hai vista hai sentito un risveglio del tuo corpo sottile. Non hai obbedito alla voce che ti diceva di fermarti e l’occasione lei te l’ha data, era alla portata di mano. Ma hai preferito svicolare… ti verrebbe da dire che hai fatto bene perché ritieni corretto non coinvolgerti in rapporti troppo personali in contesti vincolati… vero e falso insieme. Separiamo il sottile dallo spesso. Seguire l’onda significa cogliere ovunque l’offerta di apertura ma anche controllarla, non farla degenerare, indirizzarla verso la salute dell’interlocutore. La tua fuga è semplicemente frutto di un controtransfert che è andato a pescare il tuo vissuto abbandonico e ti ha fatto perdere la sincronicità dell’onda. Sei andato via convinto che era un errore mentre una parte di te cercava scuse, razionalizzazioni, per coprire la défaillance. Potevi fare del bene a lei e a te stesso ma sei fuggito e quando l’hai rivista nei giorni successivi il mare era piatto come una tavola. Il punto è che certe sinergie non durano una vita, spesso durano lo spazio di un incontro, di una occasione, di un momento magico che può essere tirato giù dai cieli dell’Olimpo per materializzarsi e lasciare un segno bellissimo, vivificante, luminoso oppure perdersi dell’oceano dell’irrealtà. Nelle 22 regole della volontà di Eliphas Levi è scritto che il non agire e altrettanto funesto dell’agire male. Tuttavia, se è vero, come dice una corrente di pensiero islamico, che il mondo si ricrea ad ogni istante anche le onde ritornano a muggire e a lanciare nuove grandi e piccole sfide. Il punto è essere vigili e pronti a cavalcare l’onda. Chi si ferma è perduto… ma può sempre prendere il bus successivo fino a che ne ha il tempo.
Lavis, 08/10/2019
Fernando Potì