Lo zen e l’arte della pesca

Pescare è un’attività che richiede esperienza e conoscenze. Conoscenza di luoghi pescosi, conoscenza di pesci e delle loro abitudini; c’è da conoscere le esche più adatte a ciascun pesce e le strategie per interessarlo all’esca. Poi c’è da imparare a lanciare la lenza ed a sentire il pesce che mangia l’esca, ma non è ancora preso all’amo. Infine non si deve aver paura di sporcarsi le mani, anzi si deve avere familiarità con tutti gli orribili generi di larve e vermiciattoli che i pesci trovano tanto ghiotti.
Eppure tutto questo non basta.
L’arte della pesca è prima d’ogni altra cosa la capacità di superare la frustrazione: se nessun pesce vuole abboccare non c’è proprio nulla da fare.
La lentezza è un argomento che molto mi sta a cuore negli ultimi tempi e che, per forza di cose, si ripropone in molte sfaccettature della vita; pochi post mostrano quanto sia lento il cammino di questo nuovo viaggio. Si può imparare la lentezza: perché non è possibile non avere sentimenti di invidia o di stima o almeno di simpatica empatia verso quel vecchietto, la cui casa s’affaccia su una lingua d’asfalto fra sperdute campagne, e lui passa intere giornate mirando lo scorrere del tempo e salutando placidamente ognuna delle poche macchine che si trovano a passare.
Come nella pesca, quello che rende ostico l’apprendimento è la scarsità di risultati. E per imparare ad apprendere qualcosa che regala scarsi risultati c’è bisogno di conoscere la lentezza. Se non fosse la vita, sarebbe un circolo vizioso.
Ho trovato la mia scuola di lentezza in un travolgente universo colorato. Lì, per quanto si possa esser preparati, l’unica vera scuola è la pratica e… ahimè… è sempre una dura lezione dover imparare dai propri errori.

COMMENTO
Valentina
sintesi meravigliosa!
…se tutti scoprissero la bellezza della lentezza
saremmo invasi dalla vera felicità.

tratto dal Blog: La mangiatoia del satiro
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