Accettare le emozioni

Un pozzo senza fondo questo dialogo con l’inconscio risvegliato dall’inventario delle immagini previsto come prima fase operativa della Tecnica del modello ideale ideato da Roberto Assagioli. Ricevo ancora una mail dal nostro assiduo sperimentatore che mi fa capire che il lavoro interiore richiede, tra le altre, come necessaria qualità la pazienza di saper essere, di lasciar maturare le risposte con i tempi e i modi che il nostro inconscio, che ci è appunto estraneo, decide di darsi. I creativi del marketing conoscono molto bene queste dinamiche come nella tecnica del brainstorming in cui sanno che occorre rispettare i processi di incubazione delle idee-semi per farle germogliare e proliferare.
“Continuando a meditare sulle immagini di Donchisciotte e Lunapark è emerso ‘il bambino che piange’ mia vecchia conoscenza. E’ emerso come una emozione depressiva: occhi umidi ed un senso di inadeguatezza disarmante che mi suggeriva di starmene nel mio castello difeso da Donchisciotte o di distrarmi nel Lunapark. Questa volta l’occasione è stata la rottura di un rapporto alla quale mi sono sentito costretto, come al solito, per abuso della parte altra. Non sopporto le ambiguità, la mancanza di coerenza e di rispetto, gli ammiccamenti senza seguito…
Ero in auto quando mi sono sentito in quella condizione particolare che ho sperimentato tante volte andando ai seminari del corso Iipe. Stessa strada, stesso sentimento di impotenza e di inadeguatezza. Tante volte superato e tante volte ritornato. E’ vero! Sempre vissuto come una presenza scomoda, fastidiosa, qualche volta apertamente osteggiata.
Ora mi chiedo, dopo aver letto “Consapevolezza, emozioni, accettazione” di Corrado Pensa (reperibile gratuitamente nel web, tratto dal libro “L’intelligenza spirituale”, Ubaldini Editore), questo sentimento di ostilità è una ‘guaina protettiva’ per ‘il bambino che piange’?
Risposta affermativa e la conseguenza diretta è che non posso accettare ‘il bambino che piange’ se prima non faccio i conti con questa ostilità. Ricordo ora che per mesi mi sono presentato alle lezioni con una faccia da depresso cronico con tanto di occhi gonfi di lacrime. Mi sono un po’ risollevato pensando che faceva parte del mio percorso di crescita… ma l’ostilità non è venuta mai meno.
Poi quello stato d’animo è scemato, scomparso. Forse ho tirato fuori un po’ di aggressività repressa, mi sono detto, forse avevo superato il problema… ma così non è stato se è tornato a ripresentarsi. Insomma non c’è stata una piena accettazione di quel bambino, la cui immagine immusonita appariva in una vecchia foto in bianco e nero dove tutti ridevano a ‘guardare l’uccellino’ e lui guardava a terra imbronciato.
Scrive Pensa: “se intendiamo lavorare su una nostra rabbia: se non collochiamo pazientemente nel raggio della consapevolezza anzitutto il nostro eventuale disappunto per il fatto di essere in preda all’ira, sarà organicamente impossibile entrare in contatto vero con la rabbia. Prima, infatti, sarà necessario ‘intaccare’ il disappunto per la rabbia stessa, disappunto che è una sorta di guaina, di intercapedine rispetto ad essa.” (p.3)
Il mio evidente disappunto per quello stato d’animo che è tipico della sub “il bambino che piange” va dunque posto sotto la luce della consapevolezza altrimenti il bambino continuerà a piangere reclamando quella attenzione che a suo tempo non ha ricevuto e fregandosene degli ‘impegni’ dell’adulto che oggi come allora gli l’hanno sottratta.
Questa mattina mi si è presentata un’immagine che si è andata sempre più definendo mano a mano che la disegnavo. In questa immagine è rappresentato un fenicottero dorato, simbolo assimilabile alla cicogna, circondato da una palizzata dove non sembra mancare niente se non la libertà. Il fenicottero-cicogna ha le ali per superare la staccionata ma ha la testa e gli occhi rivolti verso il basso. Inoltre, nella postura attuale, non sembra intenzionato a muoversi visto che poggia su una sola zampa che, nell’incrocio con l’altra, forma un quattro.
Quattro è il numero degli elementi degli alchimisti ed anche il numero delle subpersonalità principali in psicosintesi le cui tendenze vanno corrette per poter ritrovare stabilmente il centro ossia l’Io. “Ritrovare questo centro – scrive Angela Maria La Sala Batà in “Lo spazio interiore dell’uomo”, L’uomo Edizioni, p.81 – è un passaggio obbligato, prima del risveglio del Sé. Anzi potremmo dire che costituisca la porta attraverso cui dovremo passare per ritrovare il Sé totale, il nostro vero Essere. Il senso dell’io, infatti, è quello che ci consente di fare l’esperienza determinante del nostro sviluppo interiore: quella della solitudine, dell’autonomia e della libertà da appoggi e proiezioni. Esperienza questa che ci permette di trovare la sorgente della nostra forza interiore e di scoprire Dio nel profondo di noi stessi.”
Il sole – Sé dell’immagine sembra riflettersi su questo uccello – anima che rifulge d’oro e sembra proprio che completato il giro della ruota delle tendenze terrene e ritrovato il centro, alzerà la testa e spiccherà il volo. In questa opera troverà alimento nei frutti rossi dell’albero della conoscenza. Frutti che l’opera di crocifissione farà maturare così come fa giocoforza emergere gli ostacoli che vanno compresi, accettati e trasformati perché diventino nutrimento per l’elevazione dal basso verso l’alto e dall’alto verso il basso per fare il miracolo di una cosa sola.”
15 settembre 2018
Fernando Potì