Dissociazione: gli agganci (triggers)

I ricordi sono spesso rievocati da uno stimolo presente che funziona da aggancio (trigger) che è in connessione con qualche aspetto dell’evento originale. Questo vale sia in positivo (evento felice) sia in negativo (evento spiacevole o traumatico). Tuttavia mentre degli eventi felici della nostra vita, in genere, conserviamo la memoria e la loro rievocazione ci fa stare bene, quelli infelici o traumatici preferiamo dimenticarli relegandoli nell’inconscio tanto più in profondità per quanto maggiormente ci hanno fatto soffrire.

La traumaticità di un evento è un fatto molto soggettivo in qualche modo legato alla ‘sensibilità’ personale anche se la profondità della ferita è spesso associata alla persistenza dell’evento più che al suo accadimento fortuito. Per fare un esempio: se sono stato deriso dai ‘caregivers’ ogni volta che ho preso l’iniziativa per tutta l’infanzia, lo spessore della ferita – e la difficoltà di guarirla – può essere molto più profondo del fallimento di un’impresa commerciale che ho intrapreso in giovinezza.

Nella definizione del manuale “La dissociazione traumatica, comprenderla e affrontarla” di Suzette Boon, Kathy Steele, Onno Van Der Hart) “I ricordi traumatici possono comprendere sentimenti intensi o travolgenti, come panico, rabbia, vergogna, perdita, senso di colpa, disperazione; convinzioni e pensieri conflittuali, sensazioni fisiche come dolore, immagini visive, suoni e odori e anche comportamenti, come la reazione di attacco/fuga, il blocco (freeze) o il collasso. Ciascuno di questi aspetti di un ricordo traumatico può verificarsi simultaneamente, in successione o separatamente in momenti diversi. In genere queste reazioni non sono adeguate alla situazione attuale o sono molto più intense di quanto la situazione richieda.”(p.164)

L’aggancio (o ‘trigger’ per gli autori e ‘innesco’ per i traduttori) è dunque un richiamo di una esperienza traumatica del passato che presenta qualche aspetto o analogia con quanto stiamo vivendo. Questo richiamo offusca la consapevolezza del momento presente e porta a “reagire automaticamente e in modi simili alla situazione traumatizzante originale: in altre parole, parti di te manifestano reazioni condizionate che non puoi controllare coscientemente.”

Liberare le parti di noi bloccate nel ‘tempo del trauma’ è tutt’altro che facile sopratutto perché le parti che funzionano nella vita quotidiana e che ci danno una certa sicurezza cercano in tutti i modi di evitare le parti bloccate e a censurare i ricordi traumatici che queste ultime portano con sé. L’evitamento di parti interne eternizza il blocco traumatico con la conseguente reazione inconscia al ripresentarsi di un aggancio (trigger). L’incapacità di avere un buon controllo sul proprio comportamento ingenera a sua volta paura ed insicurezza che a loro volta restringono sempre di più la libertà di azione personale.

L’accettazione di queste parti bloccate nel “tempo del trauma” è la strada maestra da perseguire per trasformare le ferite in sensibilità personale e professionale. Il primo passo consigliato dagli autori è quello di riconoscere tutte le parti che ci animano e stimolare un dialogo pacificante e costruttivo tra di loro corrispondente pressapoco all’analisi delle subpersonalità in psicosintesi. Nel frattempo, poiché è molto probabile che qualche riattivazione traumatica si ripresenterà spontaneamente, ti risulterà utile “essere in grado di riconoscere i ‘triggers’ e le tue reazioni ad essi, in modo da modificare queste risposte condizionate.”

Brevemente, ci sono: agganci (triggers) relativi al tempo tipo le “reazioni da anniversario”, per ogni momento del giorno o di un determinato periodo (particolarmente i fine settimana); agganci relativi ai luoghi spesso caratterizzati da evitamento perché associati ad esperienze dolorose; agganci relazionali nel richiamo, ad esempio, di stati di abbandono o di incomprensione vissuti da bambini; agganci interni dove alcune parti non accettano la debolezza di altre parti paurose, bisognose o piene di vergogna, etc. (“Alcune parti potrebbero provocarne altre, in una specie di riedizione interna di vecchie esperienze. Per esempio, una parte molto critica potrebbe gridare che sei stupido proprio quando stai tentando il possibile per far fronte ad un problema difficile sul lavoro.”p.167); infine vi sono anche agganci sensoriali caratterizzati da sensazioni simili a quelle verificatesi in prossimità dell’evento traumatizzante.

Per concludere in bellezza richiamo l’osservazione del manuale, che ho anticipato all’inizio, sul fatto che esistono anche gli agganci di esperienze positive come sentire particolari odori o profumi, sentire alcuni brani musicali, vedere foto e quant’altro, in grado di richiamare momenti belli o magici della nostra vita. Un uso propositivo di queste associazioni è proposto da Roberto Assagioli con tecniche ben precise che fanno anche tesoro della intrinseca qualità di determinati oggetti, suoni, simboli, immagini, etc. in “Principi e metodi della psicosintesi terapeutica”.

Lavis, 10/06/2021

Fernando Potì